Povere Creature rappresenta l’inner child, un concetto di cui si sta parlando ultimamente sempre di più in psicologia. Il film di Yorgos Lanthimos, con Emma Stone nelle vesti di protagonista, riflette su come vedremmo il mondo da adulti se potessimo guardarlo attraverso gli occhi di un bambino. Per evitare spoiler, non diremo niente di più. Parliamo, piuttosto, dell’inner child (bambino interiore).
Di cosa si tratta? È l’eredita psicologica della nostra infanzia. Dentro ciascuno di noi abita ancora il bambino o la bambina che siamo stati, con tutto il suo bagaglio emotivo. Poiché i bambini hanno uno sguardo “vergine” e sono più trasparenti degli adulti, gli psicologi considerano l’inner child come il nostro vero io.
Da bambini guardiamo le cose e le persone che ci circondano con sguardo innocente, privo di pregiudizi. È tutto nuovo, siamo curiosi e riusciamo a cogliere la bellezza in ogni cosa. Poi, crescendo, questo bambino pian piano si addormenta. Mentre facciamo esperienza del mondo, studiamo e ci formiamo delle opinioni, lo mettiamo a tacere per non esserne disturbati. Oppure perché smettiamo di credere in lui e magari addirittura ce ne vergogniamo.
Povere Creature rappresenta l’inner child anche nel suo percorso di crescita. Nella fretta di diventare adulti perdiamo le sue doti positive: la creatività, l’entusiasmo, la positività, i sogni. Per questo, gli psicologi suggeriscono di riconnettercisi.
Impareremmo ad amarci di più, ad accettarci e a risolvere problemi e paure. Molti di questi, infatti, derivano da traumi che abbiamo subito durante l’infanzia o l’adolescenza. Con un opportuno percorso di psicoterapia è possibile guarire l’inner child e vivere meglio il presente.