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Il paradosso di Bonapace: quando il digitale incontra l’umano

di Marta Ongaro
il08/10/2023

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Nel cuore pulsante del mondo digitale, dove algoritmi e pixel dominano, emerge un artista che non teme di mescolare l’arte classica con le sfumature della modernità. Vittorio Bonapace, un nome che riecheggia tra gli echi delle aste NFT, ci invita in un viaggio dove il confine tra il fisico e il digitale si assottiglia fino a diventare trasparente.

Nato a Rieti nel 1986, la traiettoria di Bonapace inizia nell’epica arena dell’Accademia delle Belle Arti di Roma, culminando nelle lussuose sale del Teatro dell’Opera di Roma. Ma è il suo trasferimento nella frenetica Londra, e la sua immersione nel vertiginoso mondo di Cityscape Digital, che lo trascina nel vortice dell’arte digitale.

Immaginate un’asta, nel 2050, dove macchine curano l’evento e manichini fanno offerte per l’essenza della natura umana. Questa non è una scena da un film di fantascienza, ma la visione artistica di Bonapace in “Memento Mori /2023”. Il dipinto, ispirato dal controverso “Le Radeau de la Méduse” di Géricault, solleva domande che oscillano tra l’etico e l’estetico. Cosa rappresenta realmente la natura umana nell’era delle intelligenze artificiali?

Eppure, non si ferma qui. L’evoluzione continua con “God Save the Queen’ /2023”, un ritratto della regina britannica, non plasmato da mani umane, ma forgiato da macchine. La maestosità e l’eleganza della regina si fondono con temi di solitudine e isolamento, un’esplorazione profonda delle emozioni umane nascoste dietro la facciata regale.

Bonapace non è solo un artista, ma un narratore. Ogni sua opera racconta una storia, un conflitto tra l’umanità e la divinità, tra ciò che è reale e ciò che è digitale. È una lotta per l’identità, per il valore, per l’essenza stessa di ciò che significa essere umano in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia.

Se l’arte è un riflesso della società, allora Bonapace ci regala uno specchio, non per mostrarci come siamo ora, ma per svelare ciò che potremmo diventare. Un artista del paradosso, Vittorio Bonapace ci sfida a riflettere, a interrogare e, soprattutto, a sentire in un mondo in cui il sentimento può sembrare sempre più obsoleto.